In Popolo zuppo c’è quello che può sentire un vignettista porno nell’ironizzare su una statua di Moore. Quest’ironia ha una purezza così indipendente dall’iconoclastia plurimotivata delle avanguardie, e così profondamente logica, da risultare potentissima rispetto al cosmo. Non adduce significati storici, ma rigorosamente soggettivi. […] Popolo zuppo restituisce allo “strano” popolare tutto il suo profondo, accettandolo in toto senza quell’odiosa differita mentale e universitaria che propone salvataggi periodici. Figurarsi il recupero delle fissazioni dei bambini (popò, lucertole, essere bugiardi, assassini, dispetti, amarsi). Ciò non è proprio pensabile.
Tratto dalla scheda artistica
Foto in bianco e nero nella colonna centrale: © Marco Caselli
Debutto
- Bologna, Teatro La Soffitta, 26 maggio 1982.
Crediti artistici
Di e con: Barbara Bertozzi, Letizia Biondi, Claudia Castellucci, Romeo Castellucci, Chiara Guidi, Paolo Guidi, Raffaele Wassen.





