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Lucifero, 1993



Lucifero. Quanto più una parola è vecchia tanto più va a fondo

Lucifero è assunto qui come l'angelo del teatro. È assunto per il suo non fare, per la sua mancanza di luogo, per il suo potere limitato e angosciato. E per ciò che non può essere come potenza. Opera demonologica e non demoniaca, in questo senso. Ecco perché il testo è composto esclusivamente da una serie ininterrotta di domande che, una coppia di spose sfatte e rigorose, pongono insistentemente. Spose nubili o forse già vedove, esattamente come le loro domande che rimangono nubili o vedove di risposte. O forse sono spose tra loro; ancora una volta esattamente come le loro potenti domande. Tutto l'apparato scenico allude a qualche cosa di appena passato, a una risacca del caos, languida e stanca del proprio picco. È già accaduto ciò che doveva accadere e noi non lo abbiamo potuto vedere. Solo vediamo delle lente figure maschili che altro non sono che tanti travestimenti di Lucifero [...] Scendiamo ora nel suo teatro angosciato dove noi, clienti del suo peep-show, assistiamo contro il vetro alla calca indifferenziata e primaria del suo corpo che si sdoppia, si triplica, si apre; trascinato, appeso e abbattuto. Assistiamo al suo canto, alla sua immane tragedia che, cosa strana, appare bella.
Tratto dalla scheda artistica


Debutto

Polverigi, Festival di Polverigi, Teatro dell’Officina, 16 luglio 1993.

Crediti artistici

Drammaturgia e regia di Romeo Castellucci. Testo di Claudia Castellucci. Con: Claudia Castellucci, Romeo Castellucci, Stefano Cortesi, Febo Del Zozzo, Chiara Guidi, Franco Santarelli, Paolo Tonti. Cura: Gilda Biasini e Cosetta Nicolini. Produzione: Socìetas Raffaello Sanzio in collaborazione con Teatro Bonci di Cesena. 


archivio storico
societas raffaello sanzio
1981-2006

il sito documenta l’attività della compagnia teatrale
dall’origine fino alla conclusione del suo impianto unitario